In prima linea al servizio del suo paese. Alexandr Dolgopolov, ex tennista ucraino, continua a essere coinvolto nel conflitto ucraino-russo nella regione di Zaporizhzhia. L’ha intervistato il Daily Mail, raccogliendo le sue testimonianze sulle condizioni vissute nell’ultimo anno: mentre il circuito si stava avvicinando allo US Open, lui era in trincea a fine agosto: “A volte combattiamo per quindici ore di fila e dobbiamo essere svegli la mattina successiva alle quattro del mattino. Eravamo come degli zombie che si reggevano in piedi bevendo bevande energetiche. Senti il mortaio sparare e avvicinarsi sempre di più e noi siamo rannicchiati un metro sotto terra. Quando esplose il mortaio mi provocò una commozione cerebrale, ma non potei far niente, perché lasciare la trincea sarebbe stata la decisione peggiore da prendere. In quei momenti cerchi di resistere il più possibile perché sai che prima o poi smetteranno di bombardarci e finiranno le munizioni“.
Dolgopolov rimane determinato nella missione del suo paese, ma sottolinea tutte le difficoltà nell’andare avanti in questa guerra: ”Due settimane fa abbiamo perso un ragazzo georgiano di 25 anni che combatteva per noi. Più va avanti questa guerra e più vedi persone intorno a te morire. La guerra è mentalmente estenuante, non riesco più ad essere scherzoso e leggero come all’inizio. Abbiamo le risorse necessarie per andare avanti, ma non per vincere e concludere il conflitto“. L’ex tennista si è espresso aspramente a sfavore dell’esibizione che si terrà a San Pietroburgo e coinvolgerà alcuni giocatori ATP/WTA: “È una vergogna, soprattutto da parte dei giocatori europei. Non riesco a comprendere le loro motivazioni. I russi minacciano quotidianamente l’Europa con un attacco nucleare e scelgono ancora di andare lì e fare soldi. Questi giocatori non hanno bisogno di soldi, Bautista e Mannarino ad esempio sono nel tour da anni. Quindi per me vedere certe cose è verognoso“.